Grubhub, la maggiore società americana di online food delivery, è arrivata a perdere oltre il 40% del suo valore di Borsa – è quotata sul listino Nasdaq – in una seduta dopo aver comunicato i risultati di bilancio per il trimestre luglio settembre 2019. Un tonfo senza precedenti per la società fondata nel 2004 a Chicago, che ne ha quasi dimezzato la capitalizzazione portandola a 5,3 miliardi di dollari dai nove circa del giorno prima dell’annuncio dei conti. Il tutto proprio mentre, dall’altra parte dell’oceano Atlantico, infuria la battaglia per il controllo dell’inglese Just Eat – altro big del settore ben presente anche in Italia – a colpi di rialzi delle offerte. Nel terzo trimestre la società ha riportato ricavi per 322 milioni di dollari, +30% rispetto allo stesso periodo del 2018, con utili netti crollati a un milione di dollari dai 22 milioni del periodo di riferimento. In calo del 10% circa anche il margine operativo lordo.
LA CRESCITA DECELERA
Cos’ha portato a questo tracollo delle azioni? Per dirla in parole povere l’ammissione che, nel mondo del delivery online di cibo, le cose stanno cambiando in modo strutturale dopo anni di crescita accelerata e investimenti miliardari. L’indicazione, spiega la società in una lunga lettera agli azionisti che è stata divulgata proprio in occasione dei conti trimestrali, è arrivata nell’agosto del 2019 dopo che nella prima parte dell’anno le rilevazioni interne a Grubhub fornivano ancora indicazioni di “significativa” crescita degli utenti a parità di costi di acquisizione. Si tratta di un evento decisamente importante, destinato probabilmente a cambiare il racconto di quest’industria e a far riflettere sugli scenari futuri che si aprono, i quali potrebbero essere diversi da quelli immaginati e divulgati finora.
ORDINI CON FREQUENZA PIÙ BASSA
“Nel mese di agosto – afferma la società – abbiamo rilevato che la crescita dei pasti medi giornalieri consegnati è stata tangibilmente più bassa delle nostre aspettative. Indagando su questo fatto abbiamo scoperto che i nostri ultimi clienti in ordine temporale, e particolarmente quelli che abitano nelle ultime zone geografiche dove ci siamo insediati, non utilizzavano i nostri servizi con la frequenza che ci saremmo aspettati sulla base delle nostre serie storiche. Sulla base delle nostre esperienze, abbiamo supposto che man mano che aumenta la penetrazione di mercato le frequenze di utilizzo per i nuovi commensali saranno man mano inferiori. Questa dinamica, però, è stata più pronunciata di quanto ci aspettassimo, soprattutto per i clienti acquisiti alla fine del 2018 e prima metà del 2019”.
CLIENTI MENO FEDELI ALLA PIATTAFORMA
Il problema non è solo la frequenza di utilizzo del servizio, ma anche la fedeltà al brand. “Per anni – continua la società nella sua disamina -, abbiamo rilevato dai nostri dati che i clienti Grubhub erano estremamente fedeli alla nostra piattaforma. Tuttavia, i nostri consumatori più recenti vengono sempre più da noi dopo aver già ordinato su piattaforme online concorrenti, e viceversa. Rileviamo che questa mobilità sia più grande tra i nostri nuovi commensali e nei nostri mercati geografici più recenti, ma credo che stia accadendo in una certa misura in tutta la nostra base di ristorazione. Con il crescere delle campagne di marketing di tutto il settore i consumatori sono diventi più consapevoli delle modalità dei servizi dell’online food delivery e le ‘facili vittorie’ sul mercato sono diventate sempre più rarefatte”.
NON SI GUADAGNA CON LA CONSEGNA
Interessanti anche le riflessioni sul servizio di consegna, che Grubhub ha inserito nel 2015. Prima di quella data, infatti, la società era solo una piattaforma di intermediazione tra consumatori e ristoranti, che avrebbero poi consegnato loro stessi i pasti ordinati. “Siamo partiti con la consegna ai clienti per attrarre nel nostro network i ristoranti che non hanno la possibilità di fornire questo servizio. Siamo consci, però, che il servizio di consegna non generi margini, e anche l’evoluzione possibile attraverso l’uso dei droni richiede un investimento che al momento è ancora superiore al costo di un rider”.
PREVISIONI RIVISTE AL RIBASSO
Nonostante i tassi di crescita ora sensibilmente minori che in passato per tutti i problemi menzionati, la società ritiene che vi sia spazio per essere profittabile anche in futuro, continuando a investire sulle direttrici che hanno portato crescita e marginalità finora. Ovvero investire in tecnologia e marketing che fidelizzino i ristoranti indipendenti e le piccole catene che possono accrescere la loro clientela tramite la piattaforma di ordinazioni di Grubhub. Il tutto all’interno di un mercato dell’asporto che in America vale, secondo le stime della società, 200 miliardi di dollari e che sarebbe ancora largamente scoperto dai servizi online di ordinazioni. Resta da comprendere come la società voglia muoversi con la consegna, il vero nodo attuale, dato che gestire enormi network di riders sembra essere sempre più costoso. In ogni modo la società ha dovuto rivedere le sue previsioni economiche e finanziarie per il prossimo trimestre, che potrebbe chiudersi con una perdita netta per la prima volta da anni.