“Se le api scomparissero dalla terra, per l’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”. Il famoso aforisma attribuito ad Albert Einstein risuona più che mai attuale in tempi di sciagure climatiche come questi. Il comparto italiano del miele è tanto unico quanto fragile e da anni gli apicoltori sono rassegnati a convivere con criticità costanti. Come quelle che hanno afflitto il 2019: produzioni primaverili azzerate dal maltempo, raccolti di acacia inesistenti al nord e produzione di agrumi molto irregolari al sud, un’estate torrida che solo in parte ha permesso di salvare il salvabile. Rincarano la dose i pesticidi. È per tutte queste ragioni che il miele ha registrato perdite significative anche in Gdo: -9% a volume e -7,2% a valore nel 2019 (a.t. 08/19, fonte: Nielsen), per un giro d’affari complessivo di 133,4 milioni di euro e oltre 14.000 tonnellate. Le problematiche legate alle continue oscillazioni produttive delle diverse annate e quindi alla difficoltà di garantire ai compratori un quantitativo di materia prima di qualità costante sono anche alla base delle fluttuazioni del prezzo finale a scaffale, che spesso coglie di sorpresa il consumatore. Quest’ultimo anno il prezzo medio al kg nel canale moderno (tot. Italia) è stato di 9,52 euro (+2%), con una pressione promozionale del 16,5 per cento.
LA BIODIVERSITÀ PORTA ALLA SEGMENTAZIONE
Di fronte a difficoltà evidenti, che hanno spinto varie associazioni a richiedere al Ministero delle Politiche Agricole lo stato di calamità per l’intero comparto apistico e per tutto il territorio nazionale, le aziende di settore sono tutte d’accordo su un punto: la qualità del miele italiano è altissima, anche grazie a una biodiversità agricola senza eguali che permette di produrre blend e monoflora (circa 50 le varietà in totale) che all’estero neanche esistono. Proprio la valorizzazione delle cultivar è un trend che si riscontra nel mercato, come dimostrano vari lanci recenti.
COMUNICARE E PROTEGGERE IL VALORE DEL MIELE
Per essere apprezzate appieno, le caratteristiche uniche e distintive del miele italiano vanno però comunicate al consumatore nella maniera più idonea e difese dai rischi di frodi e contraffazioni. Sul primo fronte, le aziende si stanno muovendo con informazioni sempre più dettagliate in etichetta e con attività sui social per illustrare in maniera puntuale i plus e le caratteristiche dei blend e dei monoflora, proponendo al tempo stesso nuove occasioni di consumo al di là del semplice utilizzo come dolcificante. Oltre a fare cultura di prodotto, l’obiettivo è alzare sensibilmente i consumi pro capite nel nostro paese, ancora decisamente lontani dal ‘benchmark’ Germania, che guida la classifica europea: 0,4 kg vs 1,5 kg. Sul fronte dei controlli, invece, l’Italia spicca sul resto del mondo per requisiti e garanzie di legge. Da molti anni, infatti, la legislazione nazionale obbliga le aziende italiane che confezionano il miele a indicare sempre in etichetta tutti i paesi di origine dei mieli che compongono le miscele. Ma è importante insistere su questa strada perché non dimentichiamo che il miele è il terzo prodotto più contraffatto nel mondo dopo il vino e l’olio.