Niente più arresti domiciliari per Paolo Orrigoni, il patron della catena di supermercati Tigros indagato per corruzione nell’ambito di un’indagine sulle tangenti in Lombardia. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano Raffaella Mascarino ha, infatti, sostanzialmente accolto la richiesta di revoca presentata dai due legali dell’imprenditore e lo ha rimesso in libertà. Orrigoni non potrà però tornare al comando della catena di famiglia perchè il gip ha stabilito per lui il divieto di esercitare l’attività d’impresa o di ricoprire ruoli direttivi per sei mesi, ovvero fino ai primi di giugno del 2020.
RICAMBIO AL VERTICE CON DUE NUOVI CONSIGLIERI
La procura ha espresso parere favorevole a questa richiesta sulla base di una serie di elementi che dovrebbero tranquillizzare gli inquirenti sull’impossibilità di mettere in atto altri comportamenti potenzialmente pericolosi. A cominciare dal passo indietro di Orrigoni di qualche giorno fa, quando ha rinunciato a tutte le cariche societarie in Tigros, T.L.T., Verofin e Lombardia Retail, aziende del gruppo, nonché al Comune di Varese dov’era attualmente consigliere d’opposizione. Le sue deleghe sono state prese da due consiglieri cooptati in cda, che avranno il pallino della gestione: il commercialista Guido Ceron e l’attuale direttore operativo della catena Giovanni Slavazza, che dovranno firmare congiuntamente tutte le operazioni che comportino la necessità di intrattenere rapporti con la Pubblica amministrazione, come l’apertura di un nuovo negozio. Il ruolo di presidente e rappresentante della proprietà, è stato preso, invece, da Veronica Orrigoni, sorella di Paolo. Secondo il gip il passo indietro dell’imprenditore e l’apertura a nuovi vertici “connotano lealtà e spirito collaborativo” che fanno cadere ogni esigenza di custodia cautelare, tenuto conto dei divieti di esercitare attività imprenditoriale e manageriale per i prossimi sei mesi.