Meno zuccheri (aggiunti) e più frutta. È questa la ricetta con cui le aziende del comparto dei succhi di frutta cercano di risollevare le sorti di un mercato che da qualche anno a questa parte appare in fase di stallo: anche nel 2019, infatti, i numeri hanno riportato il segno ‘meno’ a valore (-3,4% per 703,3 milioni di euro incassati) e a volume (-3% per 580,2 milioni di litri). È ancora presto per dire se stiamo parlando di un trend di lungo periodo o di un filone dettato dalle mode alimentari e di lifestyle del momento, ma di fatto, come già accade per altri mondi dell’alcool free beverage, il salutistico si configura come il segmento più rilevante degli ultimi anni. Cresce l’attenzione del consumatore verso gli aspetti nutrizionali, funzionali e salutari dei succhi e nettari di frutta, sempre più valutati con uno sguardo attento alla lista ingredienti.
COME SI SPREME LA SALUTE
Origine, varietà delle materie prime, metodi produttivi e sostenibilità sono i driver d’acquisto principali. Mentre i nettari e simili (il 35% dei volumi totali del mercato) perdono terreno a valore (-6,3%) e a volume (-5,1%), spremute e frullati Uht, seppur una piccola nicchia (insieme fanno circa il 2% dei volumi), mostrano un certo dinamismo.
Le crescite a valore e a volume di questi ultimi due segmenti sono le più significative del comparto: rispettivamente +6,5% a valore e +9,7% a volume per le spremute e +6,5% a valore e +12,6% a volume per i frullati. Al fenomeno della riduzione degli zuccheri, certamente interconnesso con la chiacchierata sugar tax, si abbinano anche l’alto quantitativo di frutta nelle ricette e/o l’inclusione di ingredienti ‘alleati’ della salute: zenzero, aloe, bacche di goji, mirtilli e altri superfood. Molti nuovi lanci di prodotto, infatti, seguono quest linee guida. Come nei casi, tra gli altri, del brand Yoga di Conserve Italia, Zuegg, San Benedetto, Santàl e Fructal.
SUCCHI DI FRUTTA, IL BIO NON DECOLLA
Dell’ondata ‘healthy’ ancora non ha beneficiato appieno il comparto del biologico, che nei succhi di frutta registra sì un tasso di crescita positivo (+7% a volume, +2,8% a valore, dati Iri, a.t. ott. 2019), ma le quote non hanno ancora raggiunto percentuali tali da smuovere la vera massa critica: con il 3,6% a volume e l’8,5% a valore siamo lontani dagli altri principali mercati europei, in cui i volumi del bio sono mediamente più alti, come in Svizzera e Austria, in cui la quota ha superato da tempo il 10 per cento.