La Brexit, la guerra dei dazi, un sistema di etichettatura che tuteli le eccellenze alimentari italiane: il 2020 sarà un anno pieno di sfide per l’industria alimentare e per vincerle c’è bisogno di “un’Unione Europea forte, unita e che ci tuteli, aiutandoci”. Con queste parole Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare, ha aperto il convegno “Le priorità dell’industria alimentare in Europa” che si è tenuto ieri al Parlamento Europeo alla presenza del Ministro degli Affari Europei Vincenzo Amendola.
L’INDUSTRIA ALIMENTARE ITALIANA: LE SFIDE GLOBALI
L’industria alimentare nazionale, con un fatturato di 145 miliardi nel 2019 che rappresenta il 15% del fatturato totale industria, è il secondo settore manifatturiero del Paese, dopo quello meccanico, e dà vita a un’eccellenza richiesta in tutto il mondo.
Ma con i consumi interni stagnanti, che hanno perso 10 punti percentuali in 10 anni, il nostro Paese può contare solo sull’export per crescere: un fiore all’occhiello che fattura ben 35 miliardi sui 145 e che ha grandi margini di crescita. Una sfida, questa, che l’industria alimentare non può vincere da sola.
“A nome del nostro Made in Italy – ha detto Vacondio – chiediamo all’Europa innanzitutto di fare da paciere e non da detonatore nelle grandi questioni che dovremo affrontare. Mi riferisco in particolare alle politiche daziarie, sulle quali suggeriamo all’UE di non prendere esempio dagli USA ma, anzi, di escludere tutti i prodotti agroalimentari americani dalla lista delle possibili contromisure, limitando l’attenzione alla sola industria aeronautica”.
“Per quanto riguarda la Brexit – ha aggiunto il presidente di Federalimentare – è necessario evitare qualsiasi tensione e, nonostante i pochi mesi per definire i dettagli dell’accordo, riuscirci sarà essenziale tanto per l’economia italiana – la Gran Bretagna infatti rappresenta il quarto mercato per il nostro Paese – quanto per i consumatori inglesi”.
FEDERALIMENTARE CHIEDE POLITICHE DI INTERNAZIONALIZZAZIONE
Questioni urgenti che vanno inserite in un quadro più complesso e certo non meno importante per la crescita del settore, per il quale Federalimentare chiede adeguate politiche di internazionalizzazione e un’attenzione particolare agli accordi bilaterali sottoscritti dall’UE, strumenti importanti che hanno fatto registrare trend positivi.
Grazie all’EPA, per esempio, l’industria alimentare italiana in Giappone ha registrato nei primi 7 mesi del 2019 un +11,7% sullo stesso periodo 2018, con il CETA le nostre esportazioni in Canada sono aumentate del +4,8% rispetto al 2018 e con l’accordo con il Vietnam il Made in Italy alimentare ha registrato un +30% di esportazioni in quel mercato. “La nostra apertura a questo tipo di accordi è supportata dai numeri ma non intende fare sconti alla sicurezza, alla salubrità e all’eccellenza dei prodotti a cui siamo abituati”, ha detto Vacondio.
POLITICHE CONDIVISE NELL’UE
“In questo senso, oltre a mantenere standard elevati, essendo quello europeo un mercato unico, è assolutamente necessario che queste caratteristiche siano condivise e uguali in tutti i paesi dell’Unione: solo così potremo rispettare veramente le esigenze di quello che ormai è il nostro principale azionista, il consumatore europeo”, ha spiegato il presidente di Federalimentare in relazione all’urgenza di trovare un sistema armonizzato e condiviso di norme UE su alcune importanti questioni come l’etichettatura, la sicurezza alimentare e gli standard ambientali, per evitare il proliferare di fughe in avanti dovute alle singole legislazioni nazionali.
Il riferimento è soprattutto al Nutriscore, il sistema francese che potrebbe minare le eccellenze alimentari italiane e che si basa su principi semplicistici, discriminatori e penalizzanti, peraltro senza alcun dato scientifico. “È stato necessario, dunque, contrapporre a questo sistema quello elaborato dal governo italiano, il NutrInform Battery, basato sui principi della dieta mediterranea, la migliore al mondo, e siamo contenti che proprio ieri sia stato notificato alla Commissione Europea. Ora abbiamo uno strumento in più per proteggere il Made in Italy”.