In piena fase epidemica di Coronavirus la filiera alimentare si è trovata a gestire una serie di emergenze che hanno messo in tensione tutto il sistema. Al momento il settore ha retto, grazie allo sforzo congiunto di tutti, ma il momento critico non è ancora finito e le lunghe code ai supermercati sono la spia di una situazione ancora complicata da gestire, dovendo anche cercare di tutelare la salute di chi in questo momento è letteralmente al servizio dei cittadini-consumatori. La società di consulenza Bain & Company ha provato a stilare una checklist di attività che in una situazione limite come quella attuale possono essere utili ad affrontare il momento. Sono le buone pratiche che la grande distribuzione alimentare, ma non solo, dovrebbero far proprie per gestire un’emergenza sanitaria di questa entità, che in Italia non ha precedenti.
UN CONSIGLIO DI GUERRA PER COORDINARE LE ATTIVITÀ
La premessa generale degli analisti di Bain è che durante la fase di esplosione di una epidemia non arginabile con le medicine o con i vaccini (perché non esistono), le attività economiche che sono sotto pressione come la Gdo devono dotarsi di una sorta di ‘consiglio di guerra’ dei vertici aziendali che sia sempre informato e che sia in grado nello stesso tempo di mantenere salda la presa sull’organizzazione, evitando l’entropia ma sapendo, nello stesso tempo, lasciare spazio ai singoli manager sul campo per gestire le singole evenienze in periferia. Occorre anticipare le probabili carenze di forza lavoro per disparati motivi (malattia, paure, …) e prevedere piani di back-up per assicurare continuità di servizio. È molto utile organizzare la forza lavoro e ciascuna funzione principale, sia nei punti di vendita, sia nei magazzini dell’e-commerce che nella sede centrale, in due team (‘rosso’ e ‘blu’). I due gruppi possono andare al lavoro a giorni alterni, o lavorare in zone dell’ufficio non comunicanti. Se qualcuno del ‘team rosso’ si dovesse ammalare, il ‘team blu’ può rimanere in funzione, mentre i colleghi sono in quarantena. Il tutto, ovviamente, con un’attenzione all’aspetto sanitario di dipendenti e clienti, attenendosi scrupolosamente alle prescrizioni ministeriali, ma soprattutto controllandone l’esecuzione in maniera rigorosa e diffusa. Nei casi più gravi di gestione del punto vendita, scrivono gli analisti, i retailer dovrebbero considerare di “ridurre o eliminare le opzioni self-service in categorie come freschissimi, prodotti da forno e alimenti preparati”, nonché “aumentare l’utilizzo delle opzioni di servizio contactless”, come il self-checkout alle casse.
RIVEDERE LE NEGOZIAZIONI PER ASSICURARE LE FORNITURE
L’attività commerciale in tempo di ‘guerra’ sanitaria ha visto l’esplosione, nelle aree coperte dal servizio, del canale di vendite online anche nel settore alimentare. Ma come gestire l’esplosione degli ordini se non si hanno i cromosomi da internet company? Bisogna far lavorare al meglio, a tutti i livelli, la supply chain dicono gli analisti di Bain, che facilmente entra in stress in questo caso, perché si troverà a gestire un doppio picco di vendita, sia nei negozi sia online. E quindi, partendo dagli acquisti, “tutti i team di buying dovranno spostare la loro attenzione dalle negoziazioni tradizionali verso attività che assicurino la continuità dei rifornimenti”. Per le categorie più critiche, questo potrebbe significare “accettare alcuni compromessi normalmente ritenuti inaccettabili, come ad esempio la revisione dei giorni di pagamento”. A valle, prevedere “maggiore forza lavoro nei cedi”; aumentare la portata delle attività online, sia il click & collect sia la delivery “valutando al più presto anche partnership esterne che possono rappresentare una misura per accelerare le consegne online”; prevedere “programmi accelerati anche via e-learning per la formazione di personale poco esperto”.
OGNI CATEGORIA HA LA SUA STRATEGIA
Ogni categoria merceologica, poi, dovrebbe avere una propria strategia di approvvigionamento. Per i freschissimi, ad esempio, sarebbe importante “garantire una sufficiente fornitura locale, per superare il rischio di un potenziale blocco dei trasporti inter-regionale durante il periodo di quarantena” e “negoziare con i fornitori per rivedere il packaging dei prodotti. Considerare imballi individuali in plastica per proteggere i prodotti, almeno temporaneamente, oppure valutare pacchetti preconfezionati di grandi dimensioni al posto dei singoli prodotti”. Per i confezionati e i prodotti per la casa “approcciare velocemente i fornitori dell’industria di marca e marca privata per adeguare gli ordinativi e le spedizioni ai cedi che finiscano in zone di quarantena o senza sufficiente personale, identificare potenziali prodotti o brand in sostituzione dei prodotti a più facile rottura di stock, bloccare gli algoritmi non adatti ai nuovi trend di consumo, come ad esempio il replenishment automatico, focalizzarsi su tipi di packaging più grandi o su acquisti all’ingrosso per adattarsi ai cambiamenti del comportamento d’acquisto dei clienti, controllare il pricing e le promozioni e mantenere il livello promozionale alla media tipica di categoria per evitare di consumare budget inutilmente, interrompere le consegne pianificate di prodotti non essenziali; posticipare il ciclo di produzione per gli articoli permanenti se i livelli di magazzino sono sufficienti”.