Nell’anno più tormentato della sua vita imprenditoriale, l’ex candidato sindaco di Varese Paolo Orrigoni si è ritrovato sotto inchiesta per tangenti da parte della procura di Milano, è finito agli arresti domiciliari per un mese e si è affrancato da questa restrizione solo rinunciando al ruolo di Amministratore Delegato di Tigros (l’interdizione scade ad agosto), la catena di supermercati di famiglia molto presente nella provincia di Varese. Ha cercato di difendersi dalle accuse, ma alla chiusura di questa seconda tranche della maxi indagine lombarda “La mensa dei poveri”, che vede al centro il ras di Forza Italia Nino Caianiello, il suo nome è rimasto nell’elenco degli indagati insieme ad altre 33 persone. E con lui è finita, nell’atto depositato ora dai Pubblici Ministeri Silvia Bonardi, Luigi Furno e Adriano Scudieri – coordinati dall’aggiunto della Dda Alessandra Dolci –, anche la sua Tigros ai sensi della legge 231 del 2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti. Nel capo d’imputazione che cita Orrigoni sono presenti Gioacchino Caianiello, l’Assessore all’Urbanistica Alessandro Petrone, il Consigliere d’Amministrazione della municipalizzata Accam Alberto Bilardo, l’imprenditore Enrico Tonetti.
LA RICOSTRUZIONE DEI PUBBLICI MINISTERI
La ricostruzione dei fatti operata dai Pubblici Ministeri è in parte già nota: Orrigoni era intenzionato a costruire un supermercato di circa 2.500 mq a Gallarate su un’area dove insiste un opificio dell’imprenditore Tonetti, disposto a vendergliela per un prezzo che viene stimato tra i 4 e i 5 milioni di euro. Era però necessario un cambio del Piano di governo del territorio (Pgt) che trasformasse l’area da industriale a commerciale. A fare da sponda in Comune sarebbe stato l’Assessore Petrone, che per ottenere “ulteriori incarichi pubblici e un avanzamento di carriera” scrivono i Pm, si sarebbe messo a disposizione di Caianiello, ovvero colui che avrebbe potuto sostenerlo nella sua ascesa politica insieme a Bilardo, coordinatore di Forza Italia a Gallarate. Secondo i Pm, Petrone si sarebbe messo in moto, fornendo informazioni sullo stato delle pratiche urbanistiche in corso, cercando di indirizzare il lavoro dell’architetto incaricato di redigere la variante del Pgt, facendo pressione sugli impiegati comunali e cercando di strumentalizzare il loro lavoro. Per superare politicamente gli “ostacoli” frapposti da Andrea Cassani, Sindaco di Gallarate, si sarebbe appoggiato anche a “giornalisti compiacenti” dalla penna appuntita. Tutto questo lavorio, per i Pm, serviva ad appianare il terreno per arrivare alla variante del Pgt come desiderato da Orrigoni e Tonetti. Quest’ultimo, a suggello di quest’operazione, aveva pagato una fattura da 50mila euro (63,4 mila euro Iva compresa ) alla Estro Ingegneria, la società che si sarebbe prestata per intermediare la somma di denaro che sarebbe finita in parte anche a Caianiello e Bilardo. Soldi che Orrigoni avrebbe dovuto restituire a Tonetti ad affare concluso.
IN ATTESA DEL RINVIO A GIUDIZIO
La parola torna adesso agli indagati, che possono produrre ulteriori memorie a loro difesa, proporre un patteggiamento (una decina di indagati, Caianiello compreso, ci avevano già provato ma la loro richiesta era stata respinta dal Gip Maria Vicidomini) o chiedere di essere giudicati con rito abbreviato. Se non vi saranno novità in tal senso, si arriverà alla richiesta di rinvio a giudizio che per Orrigoni appare scontato, trascinando così a processo anche la Tigros. L’imprenditore si è sempre proclamato innocente, ma le dichiarazioni di Caianiello, Bilardo e Tonetti, messe a verbale durante i rispettivi interrogatori in procura, hanno confermato il quadro accusatorio. Non resta che attendere novità, anche da Busto Arsizio, dove il patron della Tigros era indagato per “induzione indebita” in un caso simile.