I numeri Nielsen e IRI durante le settimane di forte impatto dell’epidemia avevano disegnato un andamento della grande distribuzione italiana – e non solo – a dir poco scoppiettante, anche con crescite a doppia cifra. Con la ristorazione bloccata, i consumatori si riversavano nell’unica fonte di approvvigionamento di massa per il cibo: le catene della gdo. Ma i risultati del gruppo Carrefour gettano un’ombra pesante sull’andamento di questo settore nel Belpaese, e nei bilanci del 2020 probabilmente non mancheranno sorprese. Le rilevazioni del sell out saranno, infatti, da calare nella realtà di ciascuna insegna e solo così si capirà come si è ricomposta la spesa degli italiani in tempi di restrizioni e lockdown.
Per la catena francese il mercato italiano durante la pandemia si è rivelato un autentico incubo, che si manifesta in una situazione operativa che l’aveva già penalizzata negli ultimi anni, non certo fecondi per risultati. Ma il secondo quadrimestre dell’anno è stato ancor peggio, con un calo del fatturato di ben l’11,1% sullo stesso trimestre del 2019, che diventa del -7,4% se si depura il dato considerando solo la variazione “like for like” ( ovvero a parità di punti di vendita e di cambi monetari), escludendo dalla comparazione le vendite di carburante ed eliminando dagli effetti distorsivi del calendario, quali ad esempio la data nella quale cade la Pasqua, col suo carico di acquisti extra. Questo è, ovviamente, solo un dato statistico che servirà per le comparazioni tra Paesi e, come si vedrà, non rende meno amara la pillola per l’Italia, peggior mercato di tutto il gruppo.
TURISMO E CENTRI COMMERCIALI LE ZAVORRE
Cosa è successo nel nostro Paese per arrivare ad un simile, pesante, risultato, che in termini assoluti equivale a ricavi trimestrali per 1,15 miliardi di euro Iva inclusa? E’ la stessa casa madre francese a riassumere la situazione. Carrefour in Italia è presente con gli ipermercati nei centri commerciali, rimasti chiusi per oltre due mesi, e presidia alcune aree turistiche del Paese dove le presenze sono crollate. A giugno, inoltre, le vendite della gdo italiana hanno subito un calo e non c’è stata la ripartenza tanto attesa dagli operatori una volta che gli italiani avevano recuperato la libertà di muoversi.
Questa situazione si è vista anche in Polonia e in Romania, due mercati nei quali il gruppo è fortemente posizionato nei centri commerciali e dove le vendite sono scese, rispettivamente, del 10,1% (-4,2% la variazione comparata, equivalente a quella del -7,4% dell’Italia) e dell’1,7% (-2,2%). In Polonia i ricavi trimestrali sono ammontati a 479 milioni di euro mentre in Romania a 540 milioni.
Curiosamente, proprio dalla Polonia, che come si è visto ha condiviso un andamento simile a quello del Belpaese, arriva il nuovo numero uno italiano di Carrefour: si tratta di Christophe Rabatel che prenderà il posto di Gerard Lavinay. Una sostituzione in corsa in questo momento molto delicato, che diventerà pienamente operativa dal primo di settembre. Rabatel è anche membro del consiglio esecutivo dell’intero gruppo, la stanza dei bottoni. A lui spetterà il compito di portare avanti la trasformazione e il rilancio delle attività italiane in un contesto fortemente competitivo, nel quale il gruppo dovrà prendere delle decisioni in merito alle grandi superfici.
SPAGNA E BELGIO HANNO UNA MARCIA IN PIU’
L’andamento negativo delle attività italiane non rispecchia esattamente quello del gruppo, nonostante il calo dei ricavi consolidati del secondo trimestre sia stato del 6,3% fino a scendere a quota 18,6 miliardi di euro. Perchè Carrefour ha pagato lo scotto, molto alto, di cambi sfavorevoli e di un calo importante dei ricavi da vendita di carburante. Al netto di queste voci, e dell’effetto calendario, la crescita comparabile del gruppo è stata del +6,3%, ben superiore al -7,4% italiano. Il contributo positivo arriva in Europa soprattutto da Spagna e Belgio, dove la crescita comparabile è stata rispettivamente del 9,8% e del 15,9 per cento. Anche Brasile e Argentina, Paesi dove la pandemia è arrivata in ritardo sull’Europa e dove è stata affrontata diversamente, hanno visto pure performance a due cifre a livello organico, ma che sono state neutralizzate dal crollo delle rispettive monete sull’euro, la valuta con cui viene scritto il bilancio.
Per la Francia, che da sola conta oltre il 40% dei ricavi del gruppo e dove pesa molto la vendita di carburanti, c’è stato un andamento simile a quello italiano a livello di numeri assoluti, con un calo del fatturato dell’8,4%, ma a livello di dati comparabili si è vista una crescita dello 0,7%, dovuta soprattutto a supermercati (+4,3%) e prossimità (+6,3%) che hanno bilanciato il -3,6% degli ipermercati, in crisi anche oltralpe. Nel primo semestre la società ha aperto 79 negozi di prossimità nella sola Francia, come piano di trasformazione della sua presenza che vede, d’altro canto, una razionalizzazione (inevitabile) delle grandi superfici.
ESPLODE L’ECOMMERCE NEL SECONDO TRIMESTRE
I dati di questo pazzo trimestre sono stati anche l’occasione per fare il punto sull’evoluzione di Carrefour. Nell’e-commerce, ad esempio, che nel secondo trimestre ha visto il raddoppio del fatturato a livello globale, grazie ai lockdown. Nei primi sei mesi dell’anno sono stati venduti attraverso il canale digitale beni per 1,1 miliardi di euro, e la previsione è quella di arrivare a 4,2 miliardi nel 2022. La società ha anche rafforzato la partnership con Uber Eats per le consegne a casa della spesa in alcuni mercati.
Nei prodotti biologici, anche, altro pilastro della trasformazione del gruppo: nel primo semestre le vendite sono salite del 25% a quota 1,4 miliardi di euro, e le attese sono per raggiungere i 4,8 miliardi sempre nel 2022. Prosegue anche la riduzione dei metri quadri commerciale negli ipermercati, in crisi ormai cronica in alcune aree di presenza del gruppo: a giugno ben 133 mila metri quadri erano stati soppressi tra chiusure e riadattamenti con l’obiettivo di arrivare a 350 mila nel 2022, quando invece dovrebbero essere aperti nel mondo ben 2700 negozi di prossimità in più rispetto all’inizio di questo progetto di revisione, partito nel 2018. Gli iper non scompariranno, però: a maggio e giugno, a livello globale, le loro vendite sono salite dell’8%, e vi sono quindi zone dell’impero guidato da Alexandre Bompart, dove rappresentano ancora un buon affare. La marca privata assomma attualmente al 29% delle vendite.