Potenza di Intesa Sanpaolo, la sua discesa in campo per il salvataggio della Ferrarini, e della controllata Vismara, ha messo d’accordo i maggiori partiti di governo e opposizione, oltre a confederazioni di agricoltori e cooperative che temono effetti nefasti sulle filiere se non si procederà velocemente al rilancio delle aziende che fanno capo alla famiglia reggiana. Movimento 5 stelle, Partito Democratico e Lega, contrapposti in Parlamento, nei giorni scorsi si sono spesi tutti pubblicamente per il piano presentato dalla cordata formata da Bonterre (la holding di matrice cooperativa che raggruppa Grandi Salumifici Italiani e Parmareggio), Unicredit, la Op Opas e Hp srl oltre all’istituto guidato da Carlo Messina, che si è candidata al rilancio di questa storica realtà imprenditoriale nel mondo dei salumi.
In realtà la partita sembra essere tutt’altro che chiusa, anche se questo è il messaggio che in qualche modo si vuol far passare. Perché c’è tempo fino al primo settembre per presentare le offerte concordatarie e proprio sul filo di lana arriverà il nuovo piano di rilancio della famiglia Ferrarini, il secondo studiato con il gruppo Pini, importante macellatore di suini italiano, il partner selezionato dalla famiglia per il rilancio e che già aveva presentato un’offerta al Tribunale fallimentare, poi ritirata. Questo piano, nelle intenzioni della famiglia, dovrebbe essere “decisamente più conveniente per i creditori e più garantita”, per usare le parole della società. Si vedrà.
Amco (ex Sga), la società pubblica nota per avere in gestione i crediti deteriorati delle ex banche venete Popolare di Vicenza e Veneto Banca, potrebbe supportare questa offerta in arrivo. Se trovasse conferma questa ipotesi si tratterebbe di una novità grossa in questa intricatissima vicenda, che si trascina ormai da troppo tempo. Perché Amco, al pari di Intesa e Unicredit, è essa stessa creditrice della galassia Ferrarini (eredità delle ex banche venete), che comprende anche la società agricola Ferrarini, oggetto di una procedura concorsuale distinta ma collegata, e alcune holding, e farebbe sicuramente pesare la sua importante esposizione al momento del voto dei creditori, se decidesse di impegnarsi in prima persona invece che aderire allo schema Bonterre – Intesa. Intesa e Unicredit non hanno, infatti, la maggioranza dei crediti per chiudere subito la partita. Da registrare che contro un intervento attivo di Amco si è schierato il capogruppo della Lega Giulio Centemero.
ANCHE MEDIOBANCA RESTA IN ATTESA DI DECIDERE
Mediobanca, altro creditore finanziario di nome, che detiene un bond emesso dalla società reggiana, resta al momento alla finestra insieme agli altri possessori di obbligazioni (in totale dovrebbero essere 35,5 milioni di euro di valore nominale), in attesa di poter analizzare nel concreto questi piani di rilancio e decidere quale sarà il più conveniente da votare. Non sarà una decisione semplice per nessuno, perché pesano più variabili nella scelta. Innanzitutto la frazione di credito che sarà soddisfatta, certamente non alta. E poi i tempi di pagamento e le eventuali condizioni che permetteranno l’effettiva liquidazione delle somme, legate magari al raggiungimento di target di conto economico che renderanno il voto dei creditori affare assai complicato.
Al momento la situazione appare quindi fluida e l’attenzione è tutta sui creditori finanziari, che stanno giocando la partita grossa lasciando sullo sfondo le altre classi, ovvero i fornitori industriali strategici (gli allevatori di maiali ad esempio) e quelli non chirografari. Per queste classi dovrebbero esserci condizioni ad hoc di soddisfacimento dei rispettivi crediti, e ognuno di questi gruppi dovrà poi votarle. Una situazione che rende a priori molto complicato capire cosa succederà effettivamente. Non resta che attendere qualche giorno, quando si chiuderanno i termini per presentare i piani concordatari e sarà poi il Tribunale a stabilire la road map per arrivare alla scelta finale. Che influirà anche sulla società agricola Ferrarini, che produce anche parmigiano reggiano, aceto balsamico di Modena e altre prelibatezze e di cui la famiglia reggiana non vuole perdere il controllo, a differenza di quanto accadrà con l’azienda industriale.