Non molto tempo fa PwC ha stilato una classifica di 10 punti, 10 cantieri di lavoro, tutt’ora validi. Ci permettiamo di approfondirli
(i corsivi sono nostri).
1) Innovazione di prodotto e store brand: lo sviluppo di nuovi prodotti è un elemento chiave per le aziende produttrici. Così come la store brand deve essere integrata con la marca industriale a formare un’offerta completa ed esauriente (ndr: detta così può sembrare una bella storia, ed infatti lo è, ma è solo teorica perché in realtà il brand industriale non può sopportare la store brand e viceversa. In futuro serve una costruzione dialettica dell’assortimento e della scala prezzi in modo da arrivare a un’offerta condivisa o comunque un atteggiamento commerciale unico).
2) Riduzione dei gap tra produttori, distributori e consumatori: va sfumando la distinzione tra produttori e distributori. Il produttore cerca di distribuire direttamente al consumatore, mentre il distributore cerca di produrre direttamente i beni destinati ai consumatori (ndr: capitolo spinoso davvero. Per non parlare dell’alimentare dove tutti stanno studiando tutto, ci limitiamo a descrivere tre casi: Nivea a Berlino ha aperto un flagship esperienziale interessante; Samsung vende via internet per conto suo riuscendo a disintermediare il dettaglio, più o meno organizzato; Ebay lo scorso anno ha aperto un pop-up store a Londra per tastare il terreno. Capite bene allora che tutti hanno in mente, soprattutto in un momento di passaggio come l’attuale, qualcosa del genere).
3) Multicanalità: nel 2010 il numero dei consumatori italiani multicanale (internet, smartphone, ecc.) è aumentato in modo evidente (ndr: al di là delle statistiche più o meno condivisibili, bisogna capire come far convergere i diversi canali verso un unico obiettivo: servire in modo esaustivo il cliente. Va però anche sfatato un mito: gli italiani sono grandi possessori di cellulari e smartphone, ma, ahimè, per molti di loro sono uno status symbol o tutt’al più un gadget, non sanno neppure usare un quinto delle funzioni espresse).
4) Integrazione ed efficienza della filiera distributiva: la gestione della catena logistica è sempre più complessa. Condivisione delle informazioni tramite nuove tecnologie, miglioramento delle previsioni e introduzione della catena demand based sono alcune delle prossime sfide (ndr: ah che bello, da che parte cominciare? Mi sembra di ricordare che quando c’era l’Edi e la fatturazione on line da condividere i pareri erano un po’ discordi. Ma si sa, in tempi di crisi tutto è possibile, come sta avvenendo in politica).
5) Inflazione dei prezzi e aumento dei costi: nei periodi di crisi economica e finanziaria le reazioni immediate per fronteggiare la situazione contingente possono condurre a tagli dei prezzi o alla semplificazione della scala prezzi?
6) Ruolo del consumatore nelle trasformazioni del settore retail & consumer: i bisogni, le aspettative migliorano la customer experience (ndr: lavoro enorme da fare, non solo per il retailer, ma anche per l’industria che se non investe in merchandising, soprattutto in certi periodi, rischia di ridurre i suoi fatturati).
7) Componente demografica: la percentuale degli anziani è in crescita nelle economie industrializzate. Entro cinque anni oltre la metà della spesa al consumo sarà riconducibile a ultracinquantenni (ndr: già. E cosa ci fanno tutti quei multipack sui lineari e sui bancali, acque minerali comprese? Non sarebbe l’ora di adeguare – e questo vale sia per l’industria sia per la distribuzione – il packaging, per esempio?).
8 ) Sostenibilità e cambiamenti climatici: la maggiore consapevolezza dei consumatori è un elemento che fa crescere la richiesta di prodotti e performance green (ndr: suvvia, lo sappiamo e lo vediamo, l’Italia è piena di eco store a zero CO2 e di stabilimenti eco-compatibili).
9) M&A, espansione e consolidamento: in una situazione di recessione si presentano spesso opportunità di aggregazione o acquisizione a prezzi più interessanti (ndr: su questo non c’è dubbio, oltre alle merger aspettiamo anche concentrazioni e nuovi raggruppamenti).
10) Gestione dei talenti: il capitale umano non è solo forza lavoro, ma una fonte di benefici economici. Bisogna riconoscere e promuovere la crescita e lo sviluppo delle persone di talento (ndr: nel retail, ma non solo, va promosso e incentivato il personale, perché a 1.100 euro al mese non si può solo prospettare sei o sette giorni di lavoro alla settimana. Va moltiplicata la formazione e il coinvolgimento professionale in sinergia con ciò che avviene nel punto vendita).
Luigi Rubinelli
Retail, lavori in corso
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