Provenienza delle carni suine, un’analisi a scaffale

La visita di Food ad alcuni punti vendita a pochi giorni dall’introduzione della nuova regolamentazione sulla tracciabilità delle preparazioni da carne suina

Anticipando di qualche tempo l’introduzione del regolamento circa l’indicazione dell’origine delle carni suine, per fotografare la situazione attuale Food ha svolto un’analisi degli scaffali salumi di tre punti vendita: Esselunga, Aldi, IperCoop.

Con la legge numero 4 del 3 febbraio 2011 (e sua successiva modifica all’articolo 3-bis del “Decreto Semplificazioni” 135 del 2018) verrà introdotta l’obbligatorietà, a partire dal 31 gennaio 2021, dell’indicazione in etichetta del luogo di provenienza delle carni suine trasformate. L’indicazione, che deve comparire in modo ben visibile sulla facciata principale delle referenze, coinvolgerà tutte le preparazioni da carne suina, ad eccezione dei prodotti Igp, dei prodotti composti che hanno come ingrediente la carne (come, per esempio, i piatti da forno, i sughi o le paste ripiene), dei prodotti con carni miste di più provenienze animali e dei prodotti non pre-imballati o sfusi.

Già da tempo l’industria dei salumi ha metabolizzato questa decisione del legislatore e ha deciso di attuare tutta una serie di misure per farsi trovare pronta nel momento in cui l’obbligatorietà sarebbe entrata in vigore. È indubbio che questa normativa abbia avuto e stia avendo tutt’ora un impatto sulle materie prime adottate dalle aziende, con uno spostamento verso carni italiane che potessero permettere di evitare l’ancora fastidioso “Origine: UE” se non, addirittura, il problematico “Origine: Extra UE”. Per un consumatore sempre più sensibile alla qualità delle materie prime e decisamente “patriottico” nella valutazione dei paesi produttori, un’indicazione come questa è potenzialmente decisiva nella scelta di una referenza rispetto a un’altra. Un fatto di interesse in questo mercato, il quale ha trovato in questa normativa un nuovo strumento di segmentazione della categoria, è che le referenze non saranno solo divise tra carni di origine italiana, UE ed Extra-UE ma a comparire sarà anche un quarto segmento, ovvero quello indicante il paese specifico di provenienza. Questo è il caso, per esempio, delle referenze a filiera 100% controllata e certificata della linea Beretta Puro, dove l’indicazione di origine va a indicare l’Olanda come paese di provenienza delle carni.

Puro Beretta

ESSELUNGA – Parma Ovest

Presso l’Esselunga di via Colajanni (PR) abbiamo trovato una situazione ancora molto in evoluzione. Mentre le indicazioni di italianità delle carni erano molto accentuate e diffuse, nel giusto tentativo di attrarre il consumatore verso questa caratteristica di valore delle referenze, non ancora così presenti erano le indicazioni di carni europee o extra-europee, segno del fatto che l’adattamento alla nuova norma sta trovando tra i fornitori di Esselunga un certo grado di resistenza e un interesse nel finire le etichette senza indicazione il più tardi possibile, nella speranza di attutire l’effetto.

ALDI – Fidenza (PR)

Secondo punto di vendita visitato è stato il discount di Aldi nella primissima periferia fidentina. Nell’eterogeneità dell’assortimento del retailer tedesco abbiamo riscontrato la maggior presenza di indicazioni di origine rispetto ai competitor visitati. Infatti, quasi tutte le referenze mostravano già le indicazioni presto obbligatorie, con una preponderanza netta di referenze di origine comunitaria.

Sintomo del fatto che questo sia un momento di transizione anche per i copacker di Aldi è il fatto che a oggi, tra gli scaffali, è possibile trovare referenze della stessa linea (e in un caso stesse referenze) alcune con indicazione e alcune senza, a riprova che il completamento della transizione si avrà al termine delle ultime poche etichette rimaste nei magazzini dei produttori.

IPERCOOP – Fidenza (PR)

L’ultima visita, quella all’IperCoop del Centro Commerciale Fidenza, ci ha riportato a una realtà non molto diversa da quella vista in Esselunga. Le indicazioni di italianità della materia prima sono presenti in moltissime referenze ma, nella maggior parte di esse, erano già presenti riferimenti ben prima che vi fosse una specifica norma in merito.

Ancora a rilento la comparsa, invece, di indicazioni di carni comunitarie o extracomunitarie, soprattutto per quanto riguarda le private label. Queste sembrano essere le referenze più restie ad abbracciare il cambiamento nella comunicazione del prodotto e ad approcciarlo nel modo più naturale e trasparente.

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CONCLUSIONI

In generale possiamo dire che, nonostante manchino ormai poche settimane, le referenze che dovranno subire un cambio in etichetta entro la fine del mese sono ancora moltissime. Sarà la scadenza dell’introduzione di questa norma la nuova scintilla che farà scattare il ciclico interesse dell’opinione pubblica italiana per la provenienza delle materie prime dei prodotti in Gdo? Oppure assisteremo a una notizia che passerà più sottotraccia? Sicuramente questa regolamentazione impatterà nettamente sulle scelte del consumatore in punto vendita tramite etichette più trasparenti e più ricche di informazioni ritenute ormai essenziali dallo shopper.

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