La filiera del grano duro e della pasta, dopo un 2020 molto complesso soprattutto in coincidenza con la prima fase della pandemia, si avvia a tornare ai livelli pre-coronavirus, con produzione e consumi sostanzialmente in linea con quelli del 2019. Se n’è parlato ai Durum Days 2021, l’evento che ogni anno riunisce gli attori della filiera, al quale hanno partecipato Assosementi, Cia-Agricoltori italiani, Confagricoltura, Copagri, Alleanza Cooperative Agroalimentari, Compag, Italmopa e Unione Italiana Food, la partnership tecnica di Areté e la collaborazione del Crea.
Dallo studio della società di ricerca Areté, presentato per l’occasione, è emerso che nel 2020 la filiera italiana ha prodotto l’11% di pasta in più rispetto al 2019, con picchi di crescita superiori al 40% in alcuni periodi dell’anno.Quest’anno si attende un fisiologico “appiattimento” del trend, con una produzione che dovrebbe far segnare un +1% rispetto al 2019. D’altronde, nel primo trimestre del 2021 i consumi di pasta hanno registrato un -15,1% rispetto all’analogo periodo del 2020. E si stima che, a fine anno, il segno resterà negativo, attestandosi sul -3,4% vs 2020. I consumi dovrebbero dunque riavvicinarsi a quelli di due anni fa: le stime indicato un +1% rispetto al 2019.
Passando ora al mercato, nel 2021 la produzione di grano duro è stimata in crescita sia in Italia (+9%), che nel mondo (+6%). Merito anche dell’aumento delle superfici delle aree seminate (+4%). Crescono anche le scorte finali (+10%), in controtendenza rispetto alle ultime tre campagne. Ne consegue una graduale discesa dei prezzi del grano duro, che da 300 euro e oltre a tonnellata si sono riassestati sui 290 euro, come a maggio 2019.